SERENDIPITY: ovvero l'arte di trovare ciò che si cerca

 

Voglio regalarvi una parola per quest’estate:

“serendipity”. Non è di moda. Però è bella, è gratis, e potrebbe anche cambiarvi le vacanze.

    Secondo la leggenda, il sultano di Serendip (l’attuale Sri Lanka) partì per cercare l’oro. Si spinse lontano, attraver­sò monti e valli, ma non lo trovò. Trovò invece tè di qua­lità superba, che alla fine si rivelò più prezioso dell’oro. Basandosi su questo e altri racconti popolari dove gli eroi facevano scoperte per caso, lo scrittore inglese Horace Walpole (1717-1797) coniò il vocabolo “serendipity”. Ov­vero: la capacità di trovare ciò che non si sta cercando. La parola da qualche tempo è entrata nella lingua corrente, soprattutto in America. Non credo che mol­ti ne conoscano l’origine, ma quasi tutti han­no un’idea del significato. Voi direte: e a noi, cosa importa? Importa, o meglio: dovrebbe importare.

    “Serendipity” non è una filosofia, né una moda. È invece l’ammissione che, come si diceva, molte sco­perte avvengono per caso. A un patto: che si lasci al caso il modo e il tempo di operare.

    Se le vostre vacanze sono iperprogrammate — una

versione in mutande delle giornate di lavoro — le cose inatte­se non accadranno (è già molto se quelle attese avvengono come da programma). Difficilmente scoprirete un luogo spe­ciale, o vi imbatterete in una persona interessante. Sapete perché tanti scienziati raccontano d’aver avuto le idee mi­gliori passeggiando? Perché lasciavano vagare la mente, e quella trovava da sola la strada (al sottoscritto le idee ven­gono sugli aeroplani: non posso telefonare, non voglio lavo­rare, non intendo discutere col vicino del governo D’Alema. La mente ringrazia, e comincia a darsi da fare).

    Serendipity è trovare un libro affascinante perché l’occhio cade su un titolo (ma bisogna avere libri nei dintorni, e oc­corre dare tempo all’occhio, magari spegnen­do la tv). E scoprire una spiaggia quando si cercava un ristorante, e viceversa. E dar tem­po ai pensieri associativi di associarsi (e que­sto riesce meglio sdraiati su un pattino che al­la guida di un motoscafo). Serendipity — l’a­vete capito — è la lampadina che s’accende nella testa. Perché accada, i fili devono essere collegati, i contatti puliti e la testa sgombra.

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